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Non andare, non andare, — prego ed impongo a mio marito; — non voglio stare qui sola: adesso basta; adesso sono stanca.

Egli non risponde: pare si domandi il significato delle mie parole: forse lo intende, ma lo travisa volontariamente.

— Ebbene, va a letto, se sei stanca. Ci si vede ancora. Io vado e torno.

Esasperata, comincio a gridare:

— No, no, no!

— Ma che hai, Nina? (Egli usa chiamarmi con questo nome, che nessun altro mi dà: e in quel momento mi parve rivolto appunto ad una persona che non ero io). Per queste piccole cose ti disperi? È la stanchezza: domani tutto sarà passato. Va a letto, fammelo per piacere. Andiamo, su, cara.

Mi prese per il braccio, mi accarezzò le spalle. Io l’odiavo. Mi scossi tutta, lo respinsi.

— Lasciami. Non voglio andare a letto; voglio stare alzata tutta la notte.