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Io seguivo i suoi discorsi, ma pensavo ad altra cosa. Ecco, ella aveva socchiuso la finestra, e nell’aria incantata del mattino vibravano di nuovo, ma lontani e come sotterranei, gli accordi di un violino: gli stessi della sera avanti.

— Chi ci sta, qui accanto? — domando, ripresa da un senso di mistero.

— Qui, a destra, verso l’arenile, in una casetta di sua proprietà, ci sta un cieco di guerra, con la moglie. D’estate fanno pensione ai villeggianti, ma adesso, che io sappia, non ci sta nessuno. Sarà lui che strimpella lo strumento. Non si allarmi, però, signora; è gente tranquilla, e la siepe alta li divide completamente di qui.

Ecco subito il quadro davanti a me: vedo il cieco nella sua camera, illuminata come questa mia dal sole che sembra stupito del suo stesso splendore: l’infelice sente penetrare fino al suo cuore avvolto di tenebre questa luce di Dio, e la saluta con la voce commossa del suo violino.

No, Marisa, non mi allarmo di questa vicinanza: piuttosto penso che sarà la no-