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novella sentimentale 55


Quella sera egli si trovava appunto in uno di questi periodi di tristezza sentimentale, durante i quali pensava alla morte come ad un sonno dolce di convalescente, ma lungo, profondo, in una notte senza confine d’aurora.

Il luogo dov’egli si trovava da una settimana, aumentava la sua melanconia. Era una caserma, in un’isola montuosa sulla cui cima la casa bianca dei forzati dominava la distesa perlata d’uno dei più bei mari del mondo, come l’idea della morte dominava la giovinezza di Serafino.

La sera autunnale, limpida e sonora, rendeva ogni cosa melanconica. Il mare deserto, tutto azzurro e oro, rifletteva la luminosità del crepuscolo azzurrognolo.

Fino al cortile della caserma giungeva il fruscìo delle canne e delle acacie scosse dal vento lungo i ciglioni dell’isola: nulla di più triste di quel freddo sussurrìo. I soldati riuniti nel vasto cortile, davanti alle caserme bianche e basse che parevano case di un villaggio, dovevano tutti sentire, più o meno, la tristezza e la nostalgia del vento autunnale, perchè cantavano lunghe canzoni melanconiche.

Addio per sempre, albergo avventurato,
Soave asilo di gioia e d’amor...

Dal portone Serafino dominava la strada in pendìo, lastricata, incassata fra due muri e in fondo