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Il sogno del Pastore.

È la notte di Natale, ma sembra una notte d’autunno, fresca e diafana. La luna illumina la pianura solitaria. Un corso d’acqua, qua largo, là stretto, serpeggia fra le stoppie nere, e sparisce luccicando all’orizzonte, ove pare che vada a gettarsi silenzioso in un mare di vapori azzurri, in un vuoto lontano.

Sono le prime ore della notte. Il pastore guarda le greggie pascolanti. Gialle e nere alla luna, le pecore assonnate vanno melanconicamente per la pianura cercando l’erba fredda sotto i cespugli, lungo le muricce coperte di musco; e i loro campanacci dondolano e suonano una strana musica, monotona come una cantilena, che va e viene e squilla e trema argentina col lento sbandarsi della greggia, animando e nello stesso tempo rendendo più intenso il silenzio della pianura.

Il pastore guarda; e sogni selvaggi passano nei suoi occhi.

Egli è sceso dalle aspre montagne natìe, i cui freddi pascoli, odorosi di tirtillo e di timo nelle splendide primavere, ora son coperti di neve se-