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132 grazia deledda


stro cognato Bastianu Piras: io ora sono invalido, ma gli altri lavorano tutti. Siamo poveri, — ripetè con fierezza — ma siamo uniti, andiamo d'accordo e perciò siamo più ricchi e potenti del vicerè. Ci chiamano Predas Aspras, e davvero siamo rozzi, ma se non ci molestano non molestiamo nessuno.

— Sì, sì, lo so, — disse il Ghisu, per lusingare zio Ballore — so che siete gente forte e onesta. Appunto per questo vi proponevo…

— Ebbene, non parliamo più della tua proposta: parliamo d'altro. Io ho conosciuto tuo padre, sai: ho preso in affitto le sue tancas, molti e molti anni or sono. Un uomo astuto, tuo padre, parlava bene come un avvocato. Diceva che i sette fratelli Pintore, come sos sette frades1 del cielo, non si sarebbero separati mai. E fu così.

— Anche il figlio è un giovane astuto, — disse il Sindaco, che s'accorgeva degli sguardi sempre più insistenti di Ballora e del nuorese, e ne provava dispetto. — Non sai, Predas A', che è riuscito a far innamorare di lui la ragazza più benestante di Nuoro?

Il fuso di Ballora cadde per terra.

Miale abbassò la testa, sospirò e disse con tristezza:

— Io? Io non penso alle ricchezze, zio Ballo'; sono i parenti che ci pensano!

— Diavolo, questo non t'impedisce di sposare una donna ricca, — osservò il Sindaco.

  1. I Sette Fratelli: l'Orsa Maggiore.