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128 la veste del vedovo


Ma Giula riabbassò tosto le palpebre che aveva sollevato a metà e anche l’uomo diventò pensieroso.

Dopo alcuni passi, egli parve voler dire qualche cosa; arrossì, chinò un poco la testa e la scosse come per mandar giù tutto quel sangue che gli montava dal cuore, e guardò lontano, davanti a sè, verso il punto nero che cresceva, cresceva, che pareva chiudesse con una muraglia la strada. E la donna anche lei volse la testa, piano piano, guardando lassù. Pensavano entrambi alla stessa cosa, ma l’uno cercava di nascondere all’altro il proprio viso per nascondere il proprio pensiero. E un senso di soffocamento li vinceva, come se la strada fosse davvero ostruita e di lì non si andasse avanti.

Lassù, nel nuraghe, un anno avanti, di quei tempi, era stato trovato ucciso, nudo, sfregiato, un uomo, un ricco massaio vedovo che aveva domandato Giula in moglie. In quel tempo Giula era una ragazza forte; aveva allevato lei, orfana, i suoi cinque fratellini poveri e da sola era capace di pulire la farina e impastare e cuocere il pane di tre ettolitri d’orzo. Il vedovo, suo vicino di casa, aveva