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irritato. Spesso sedeva su una pietra, con un libro fra le mani, davanti al muro sopra il quale il susino fiorito sorgeva su uno sfondo di cielo chiaro purissimo. La primavera alitava nell’aria tiepida; selvaggi profumi d’erba, acuti e quasi irritanti, salivano dalla pianura, portati dalla brezza.

Andrea vedeva solo i grappoli dei fiori bianchi del susino e quel muro chiaro e quel cielo diafano infinito; ma dietro quello sfondo così quieto, egli vedeva con la fantasia paesaggi lontani, pianure immense e solitarie, dove la primavera trionfava.

E laggiù, e là dietro quello sfondo cerulo, in quelle pianure immense e solitarie, animate soltanto dal volo delle pernici, dal grido notturno della volpe e dal singulto dell’assiolo, fra le macchie coperte di fiori violetti, egli avrebbe voluto scendere, stendersi sull’erba e addormentarsi.

Si sentiva vinto da una specie di sonnolenza morbosa, e tutto ciò che lo richiamava alla realtà lo irritava.

Il Tedde veniva a cercarlo quasi ogni giorno, ma Andrea lo sfuggiva, si nascondeva.

Zio Verre continuava anch’egli a passar tutti i giorni sotto la casetta, come un innamorato,