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sua fanciullezza, spesso commuovendosi. Si commuoveva facilmente per ogni cosa, ma dopo il primo istintivo moto d’animo si irritava di questa ch’egli credeva debolezza, tanto più che suo fratello e specialmente zio Portolu, se se ne accorgevano, lo deridevano.

— Ohi, ohi, cosa sei tu! — gli diceva zio Portolu. — Un uomo di cacio fresco sei diventato tu, Elias figlio mio. Eccolo che diventa pallido come una femminuccia per ogni piccola cosa. Uomini bisogna essere, uomini, leoni; non commuoversi, non cambiar viso, non piangere. Cosa è un uomo che piange? È un corno. Vedi tuo fratello Mattia? Non è un’aquila, e si meraviglia di molte cose: ma non cambia certo di colore; e a volte la meraviglia è anche un’astuzia; eh, non guardarlo così Mattia, egli è più furbo di te.

Dopo queste piccole prediche, ripetute spesso, Elias proponevasi di esser anche lui furbo e forte, ma che volete? certi pensieri, certi ricordi, certe sensazioni lo assalivano così all’improvviso che egli allora non era più padrone di sè, e tornava a intenerirsi, ad arrabbiarsi, a vergognarsi.

Aveva portato con sè tutti i libri che possedeva, ma non crediate che questi volumi