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rezza, di desiderio, di gelosia, e che forse andava a cominciare una nuova vita di passione e di dolore, ben diversa da quella che era suo dovere di condurre.

Tutti i giorni andava a casa sua e insolitamente cercava di amicarsi il bambino, portandogli dolci, trastullandolo e viziandolo: si accorgeva che era una debolezza, questa, anzi una piccolezza, poichè era spinto a far così non dal suo amore paterno, ma dal bisogno d’impedire che Berte si affezionasse al Farre; ma non poteva far altrimenti.

Però vedeva con dolore che Berte restava per lo più indifferente, indolente e taciturno; non mangiava quasi mai i dolci, si stancava subito dei giocattoli e dei trastulli, e s’impermaliva per ogni più piccola cosa. Del resto, era così con tutti; ed Elias s’accorgeva che il piccino era malato, e si struggeva di vederlo così e di non poterlo far guarire.

Fece venire un medico, non quello consultato dal Farre, e provò una triste soddisfazione quando il nuovo dottore dichiarò il bimbo affetto da un malore latente, che non era anemia, e ordinò diverso medicamento.

— Lo vedi? — disse Elias a Maddalena, con un cattivo trionfo negli occhi.