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di lei, sempre tenero e ardente, gli penetrava il cuore.

— Ah, — pensava, seduto in un cantuccio, nel circolo dei parenti, — prete Porcheddu ha ragione: il bimbo ci legherà sempre, sempre: bisogna che io non lo veda, non lo avvicini, altrimenti mi perdo ancora, e adesso più che mai.

E tutta quella gente che entrava ed usciva dicendo cose banali lo annoiava a morte: desiderava ardentemente che tutto fosse finito, i funerali compiuti, i tre giorni delle condoglianze passati, per trovarsi solo col suo dolore e le sue tentazioni.

— Ahimè! — pensava, — se la tentazione è già così forte mentre il cadavere di mio fratello è ancora lì, quasi ancora caldo, che sarà poi? No, no, no! — si proponeva con rabbia. — Vincerò io; devo vincere e vincerò.

Ma la lotta era cominciata, e ben terribile. Il primo, il secondo, il terzo giorno, coi funerali, le condoglianze, le cerimonie del lutto sardo, passarono come un brutto sogno.

Finalmente Elias si ritrovò nella sua cella, sul suo lettuccio, stanco, prostrato, solo. Aveva sempre nella memoria la notte in cui leggeva l’epistola di San Paolo; e il ricordo della sua