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Il vecchio era beffardo, e più che dalle sue parole dal suo accento sprizzava quel pungente sarcasmo che solo gli Orunesi sanno dare alle loro parole. Un’angoscia infantile si diffuse sul volto di Elias.

— Zio Martinu, — disse supplichevole, — è tutta questa la vostra sapienza? di ammazzare un disperato?

— Ah, Elias Portolu, io non sono un sapiente; ma so che a ciascuno va messa la scarpa secondo il suo piede. Tu, che credi in Dio e nel demonio, sei venuto a chieder consiglio a me che credo solo nella forza dell’uomo; hai errato, ed ho errato anch’io dandoti dei consigli che non erano conformi alla tua indole: ecco fin dove arriva la mia sapienza, Elias! Ah, l’asino è più savio di me! Chi sa, ti dirò anch’io, che invece di giovarti, non ti abbia recato danno? Tu devi andare presso un uomo di Dio e chiedergli consiglio. Ma sei sempre in tempo. Ecco cosa ti dico.

Elias sentì che il vecchio aveva ragione, e subito si ricordò di prete Porcheddu e del colloquio avuto una notte di luna come quella, sulle alture di San Francesco.

— Io conosco un uomo di Dio, infatti, — disse; — una volta mi diede buoni consigli