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dir parola; ma dopo qualche momento Elias lo sentì piangere in lontananza; un pianto desolato, disperato, che vibrava tristemente nella solitudine; e provò una voluttà d’ira contro sè stesso, un impeto violento di mordersi i pugni fino a sangue. Quel pianto gli sembrava l’eco del dolore suo stesso: una infinita disperazione lo avvolse.

— Io sono un animale, io sono perduto. Ma che gli altri sono diversi da me? Siamo tutti malvagi; con la differenza che gli altri non hanno scrupoli e godono, ed io soffro perchè sono stato uno sciocco, perchè ho fatto del bene a chi non lo meritava.

Gli risorgevano anche, con insistenza, dal profondo dell’anima i ricordi di quel luogo, e gli pareva che il dolore sofferto per la condanna fosse stato nullo in paragone del dolore che provava ora. Intanto, però, il ricordo del dolore passato aumentava il presente; particolari dimenticati gli ritornavano in mente con acredine; il ricordo delle umiliazioni, delle angherie, delle persecuzioni degli aguzzini, com’egli chiamava le guardie del penitenziario, lo facevano arrossire d’ira. Ah, se ne avesse avuto in mano qualcuno, in quei momenti, nella tanca solitaria!...