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bosco. Egli andava: avrebbe voluto correre, ma non poteva, e ogni tanto si fermava, con un cupo ronzio e acuti fischi entro le orecchie.

D’un tratto si lasciò cadere per terra, sotto un albero, tra i cui rami vedeva la luna guardarlo con un occhio luminoso quasi abbagliante. Quell’occhio di luna fu la sua ultima percezione; dopo non sentì che un acuto dolore al ciglio sinistro, e gli sembrò che gli avessero dato un colpo di scure; e il ronzio entro le orecchie aumentava. Ma nel suo sogno malefico continuava a camminare, dicendo le più strane cose. Gli pareva di attraversare un luogo pieno di roccie mostruose, di cespugli spinosi, di cardi secchi, illuminato da una luce azzurrognola di luna.

Nel delirio ricordava perfettamente dove era diretto e che cosa voleva; ma benchè corresse, arrampicandosi sulle roccie, saltando i cespugli, sudando, affaticato, angosciato, non riusciva ad allontanarsi da quel luogo misterioso. E ne provava un‘ira, un dolore da non dirsi. Tutte le giunture gli dolevano, sentiva la schiena rotta, i piedi, le mani, le tempie pulsanti, e tutta la persona inondata di sudore; e andava, andava sempre, su per quelle roccie che gli davano un senso di spavento, di