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ma con questo nome la gente spiega il mistero degli uomini diversi dalla normalità.

Chissà che cosa vedeva il nonno Andrea, che conosceva altre terre e altri mari, negli occhi dei gatti selvatici, nelle piume iridate delle cornacchie, nella pelle argentata delle biscie che si sollevavano incantate dal suo fischio. Forse gli stessi fantastici riflessi che anche lei vedeva negli occhi degli animali, nelle foglie, nelle pietre. Adesso, nel sogno, si spiegava d’un tratto molte cose; lo stesso senso di vertigine, dello spalancarsi e richiudersi rapidissimo di un mondo anteriore, subcosciente, che la vista della nonnina viva le destava, adesso le appariva chiaro: era l’apparizione dello spirito sognatore del nonno, di cui la vecchina ancora innamorata portava l’immagine nella pupilla, e che era anche l’immagine di lei, di Cosima sognatrice.

Ma nessuno le aveva mai raccontato chiaramente donde egli era venuto; pareva che neppure la madre lo sapesse con precisione. E nel sogno confondeva il passato del nonno con quello del vecchio Elia, provandone un’angoscia paurosa: ma il nonno, questo ella lo sapeva benissimo, era morto povero in canna, lasciando nella sua capanna una famiglia di leprotti addomesticati; e questo la confortava. Tuttavia volle domandare alla nonnina notizie di lui. «Tutte fandonie», disse la vecchina, senza scomporsi: «egli non è venuto né da Genova né dalla Spagna: ci saranno venuti i suoi avi,