Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/130


— 124 —

si può morire. E le tempeste poi? Non pensi alle tempeste?

— Voi non capite niente.... — disse Anania, irritato, guardando e svolgendo le pagine come se leggesse vertiginosamente.

— Se l’hai detto tu! Che capricci son questi? Non si studia lo stesso tanto in Sardegna che in Continente? Perchè vuoi andare là?...

Ah, perchè voleva andare là? Che ne capivano loro? Era forse per studiare? Fin dal primo giorno, — quel dolce giorno d’autunno, — in cui Bustianeddu l’aveva condotto alla scuola nel convento, non aveva egli pensato ad un’altra cosa che non era lo studio?

Le ragioni di zia Tatàna calmarono alquanto la sua impazienza.

— Vedi dunque, tu sei ancora un bambino; a diciassette anni tu vuoi già correre solo pel mondo? Vuoi morire in mare, solo, lontano da tutti, o vuoi smarrirti in una città che tu stesso dici grande come una foresta? Va dunque a Cagliari, adesso: il signor Carboni ti darà tante lettere di raccomandazione: egli conosce tutta Cagliari: anche un marchese conosce. Ebbene, abbi pazienza. Santa Caterina mia! Andrai, andrai anche , quando sarai più grande. Tu ora sei come la lepre appena slattata: ecco che essa lascia il covo e fa un piccolo giro fino al muro della tanca: poi torna, cresce, poi s’arrischia più in là, più in là ancora, guarda dove deve andare, vede la via da percorrere. Abbi pazienza. Pensa che siamo vicini, pensa