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dendo che qualcuno avesse ascoltato il suo racconto e lo irridesse: ma vide una piccola forma grigia lunga, seguita da un’altra più scura e più corta, balzare come volando da una macchia all’altra intorno alla capanna e sparire senza neppur lasciargli tempo di raccattare un sasso per colpirla.

Anche Efix s’era alzato.

— Son le volpi, — disse sottovoce. — Lasciale correre: fanno all’amore. Sembran folletti, alle volte, — riprese mentre Giacinto si buttava di nuovo per terra silenzioso. — Hai veduto com’eran lunghe? Mangiano l’uva acerba come diavoli....

Ma Giacinto non parlava più. Ed Efix non sapeva cosa dire, se pregarlo di riprendere il racconto, se confortarlo, se commentare in bene o in male quanto aveva sentito. Ecco perchè era stato triste, tutto il giorno, ecco come vanno le cose della vita! Ma che dire? In fondo era contento che il passaggio delle volpi avesse fatto tacere Giacinto; tuttavia qualche cosa bisognava pur dire.

— Dunque.... quel capitano? Si vede che era uomo savio: capiva che la gioventù.... la gioventù.... è soggetta all’errore.... Eppoi quando si è orfani! Su, alzati; vuoi mangiare?

Entrò nella capanna e tornò fuori sbucciando una cipolla: Giacinto stava immobile, abbattuto, forse pentito della sua confessione, ed egli non osò più parlare.