Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1912 – BEIC 1806199.djvu/220

214 storia della letteratura italiana

della luce, uscendo dall’inferno, cava a Dante questa bella immagine:
                                         Dolce color d’oriental zaffiro,
che s’accoglieva nel sereno aspetto
ell’aer puro, infino dal primo giro,
     agli occhi miei ricominciò diletto.
     
La natura è l’accordo musicale e la voce di quel di dentro: qui natura, angeli e anime sono un solo canto, un solo universo lirico. Scena stupenda è nel canto settimo, maravigliosa consonanza tra le ombre sedute, quete, che cantano «Salve Regina», e la vista allegra del seno erboso e fiorito dove stanno:
                                         Non avea pur natura ivi dipinto,
ma di soavitá di mille odori
vi faceva un incognito indistinto.
     «Salve Regina» in sul verde e in su’ fiori
quindi seder, cantando, anime vidi.
     
Le anime piangono e cantano, e il luogo alpestre è lieto di apriche valli e di campi odorati: il quale contrasto ha termine quando l’anima si leva con libera volontá a miglior soglia, tolte le «schiume della coscienza», con pura letizia. Cosi come nell’inferno si scende sino al pozzo ghiacciato della morte, nel purgatorio si sale sino al paradiso terrestre; immagine terrena del paradiso, dove l’anima è monda del peccato o della carne, è rifatta bella e innocente. Tutto è qui che alletti lo sguardo e lusinghi l’immaginazione: riso di cielo, canti di uccelli, vaghezza di fiori, e tremolare di fronde e mormorare di acque, descritto con dolcezza e melodia, ma insieme con tale austera misura che non dá luogo a mollezza ed ebbrezza di sensi, né il diletto turba la calma.

Il purgatorio è il centro di questo mistero e commedia dell’anima; è qua che il nodo si scioglie. Dante, piú che spettatore, è attore. Uscito dall’inferno, appena all’ingresso del purgatorio, l’angiolo incide sulla sua fronte sette «P», che sono i sette peccati mortali, che si purgano ne’ sette gironi. Da un girone all’altro