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34 | saggi critici |
sa come non lo senta anche Dante e non se ne commova al pari di lui:
Ben se’ crudel, se tu giá non ti duoli, Pensando ciò che al mio cor s’annunziava; E, se non piangi, di che pianger suoli? |
Questa rappresentazione può parere scarna a quelli che sono inclinati alla rettorica e all’analisi, a ridurre i sentimenti in pillole, a diluire in un volume Le ultime ore di un condannato a morte. Essa è un capolavoro della maniera dantesca, che è la grande poesia, quel dipingere a larghi e rapidi tocchi, lasciando grandi ombre illuminate da qualche vivo sprazzo di luce. Tutto è al di fuori; tutto è narrato, anziché descritto o rappresentato, ma narrato in modo che l’immaginazione, fatta attiva e veloce, riempie le lacune e indovina il di dentro. Non è un quadro, ma uno schizzo, tale però che il lettore ti fa immediatamente il quadro. E questo avviene perché il quadro esiste giá nella mente del poeta, esiste e si rivela in quello schizzo cosí chiaramente, ch’egli si sdegnerebbe, come Ugolino, se il lettore rimanga freddo ed abbia aria di non capire. La grandezza dell’ingegno non è in quello che sa dire, ma in quello che fa indovinare.