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34 saggi critici

sa come non lo senta anche Dante e non se ne commova al pari di lui:

                                    Ben se’ crudel, se tu giá non ti duoli,
Pensando ciò che al mio cor s’annunziava;
E, se non piangi, di che pianger suoli?
                         
Quando siamo presi da passione, vorremmo che tutti parteci passero al nostro dolore, e ci fa male la vista delle persone indifferenti. Una madre del popolo che teme ucciso il figliuolo, va correndo per le vie forsennata chiedendo alla gente: — L’avete veduto? — , quasi tutti sapessero di chi parli o di che si affanni. Ugolino nel sogno suo e de’ figli vede giá tutta la sua storia, e quando, alzando gli occhi a Dante, non vede in quel volto piú curioso che commosso le stesse sue impressioni, gli par quasi che colui non abbia anima d’uomo, e se ne sdegna, e gliene fa improvviso e brusco rimprovero. Fieri accenti che, usciti dalla sinceritá di un dolore impaziente e sdegnoso, non movono collera in Dante, anzi accrescono la sua commiserazione e gli tirano per forza lacrime non ancora mature.

Questa rappresentazione può parere scarna a quelli che sono inclinati alla rettorica e all’analisi, a ridurre i sentimenti in pillole, a diluire in un volume Le ultime ore di un condannato a morte. Essa è un capolavoro della maniera dantesca, che è la grande poesia, quel dipingere a larghi e rapidi tocchi, lasciando grandi ombre illuminate da qualche vivo sprazzo di luce. Tutto è al di fuori; tutto è narrato, anziché descritto o rappresentato, ma narrato in modo che l’immaginazione, fatta attiva e veloce, riempie le lacune e indovina il di dentro. Non è un quadro, ma uno schizzo, tale però che il lettore ti fa immediatamente il quadro. E questo avviene perché il quadro esiste giá nella mente del poeta, esiste e si rivela in quello schizzo cosí chiaramente, ch’egli si sdegnerebbe, come Ugolino, se il lettore rimanga freddo ed abbia aria di non capire. La grandezza dell’ingegno non è in quello che sa dire, ma in quello che fa indovinare.