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220 | saggi critici |
un non so che di sereno, voluttuosa armonia di un passato felice, a cui l’orecchio illuso presta ancora ascolto. La conclusione è delicata. Profondato in sé, nell’egoismo del suo dolore, Federico con un súbito sforzo tronca il corso a’ suoi lamenti, si sviluppa da sé stesso e riporta lo sguardo sull’amico, confortandolo con le sue benedizioni.
5. — «I due Elisi»
versione di due poesie tedesche
I
Sacro boschetto, ove pace tranquilla, | ||
Come rugiada sopra il fior, distilla; | ||
Ove tra fior d’argento | ||
Il pomo delle Esperidi matura; | ||
Ove rosata e pura | ||
Aria intorno discorre eternamente; | ||
Ove il flebile accento | ||
Di dispregiato amor mai non si sente; | ||
Salve, sacro boschetto! | ||
Di celeste dolcezza ebbra e tremante, | ||
Fuor del mortale aspetto. | ||
L’anima è a te davante. | ||
Oh fortunata! e il suo candor natio | ||
Non le turba piú mai nebbia terrena, | ||
E piú libera alfine e piú serena, | ||
La sciolt’ala battendo empie il desio. | ||
Ecco: tra rosa e rosa, | ||
Alzata a forma di luce fiammante, | ||
Giunge alla valle innante. | ||
Ove l’onda letea s’aggira ascosa; | ||
E piú e piú oltre portar si sente | ||
Quasi per man celeste arcanamente; | ||
E giá rimira, in estasi rapita, | ||
L’onda d’argento e la ripa fiorita. |