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procacciate col sudore della fronte. Questa poesia è dunque, contro l’intenzione dell’autore, la fede di morte dell’antica mitologia.

Questa processione di Dei non è che l’accompagnamento, il corteggio obbligato del pensiero fondamentale; insomma è la varietá, non l’unitá. Ecco qual è l’unitá e la varietá della critica classica: — Datemi un pensiero, e poi vestitemelo, ornatemelo, e vi decreteremo la corona di alloro. — Ora ella ebbe la dabbenaggine di credere che il romanticismo volesse rapirle nientemeno che quella veste e quell’ornamento, e ridurre la poesia a scienza, al nudo pensiero, e protestò in nome del bello. Né mai si fece tanto sciupio di «vero» e di «bello», quanto in quel tempo. Il Monti si gittò alla stordita in mezzo alla questione, e come i suoi avversarii gridavano sempre: — Veritá, veritá nell’arte; — egli, dandosi a credere che il vero di cui gli parlavano, non fosse altro che il reale negli oggetti ed il pensiero nelle idee — «audace scuola» boreale, esclama, il vostro è un mondo scientifico e non poetico, è il mondo di Platone e non di Omero. Voi fate guerra alla bellezza, e riducete la poesia al nudo reale, al nudo pensiero. — Ecco dunque che il Monti esce fuori con un sermone, in cui si propone di mostrare, come l’essenza della poesia è il bello, e destare la pubblica indegnazione contro questi Vandali, che fanno fuggire spaventate le Grazie e le Muse ed Apollo. Ebbene: la sua poesia è appunto il contrario. E che altro essa è, se non una dissertazione in versi, un ragionamento crudo con bassirilievi mitologici, una regola di poetica preceduta e seguita da esempii? Il vero scompagnato dalle vaghe forme dell’arte non può fare effetto; tale è il concetto ripetuto piú volte in un brevissimo carme, a cui il Monti, perché faccia effetto, dá tutte le veneri della poesia. Ma ha saputo egli rendere questo concetto poetico, trasfigurare il vero ed idealizzarlo, farlo poesia? Egli ha creduto che a ciò fare basti ornarlo, illeggiadrirlo di esempli, di paragoni, di favole: e non si è accorto che sotto questa superficie lucente il vero conserva la sua forma scientifica, e che la sua poesia rimane nel fondo un piacevole ragionamento, una leggiadra prosa. Il divino Leopardi