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i98 | secondo corso tenuto a torino: lez. iv |
Il frate si finge persuaso:
[Padre, da che tu mi lavi Di quel peccato ov’io mo cader deggio, Lunga promessa con l’attender corto Ti fará triunfar nell’alto seggio.] |
Consiglio rimaso famoso nella storia de’ popoli. Vi è oggi una logica colla quale si cerca di giustificare questi mancamenti di fede; ma la logica è vecchia; e Guido aveva ancora la sua: — Di che mi potete riprendere? Io ho commesso un peccato; ma il papa mi aveva prima assoluto. — Ma non è vero. Tu peccasti perché avevi paura, perché temevi che dal tuo silenzio noi. te ne venisse alcun male. — Di sotto alla ragione apparente vi è la vera ragione, che Dante con una profonda intelligenza del cuore umano gli fa involontariamente uscire dal labbro. Guido mentre visse potè ingannare gli altri; due sole persone non potè ingannare: se stesso ed il demonio, o piuttosto l’altro se stesso, la sua coscienza fatta demonio accusatore. Morto, mentre S. Francesco sta per recarselo in paradiso, eccoti un: — Ferma! — del demonio, che ti sfodera la sua logica, una logica ironica; in tuono da cattedratico, contraffacendo i dottori scolastici di quel tempo, tra i quali era Guido, ti fa anch’egli il suo sillogismo in tutte le regole, fondato sul principio di contraddizione. Poi prendendo un’aria maliziosa d’ingenuitá, e contraffacendo certi solenni birbanti, che fanno gl’innocenti e dicono: — Io non sapeva! — [aggiunge]:
Forse [Tu non pensavi ch’io loico fossi!] |
Signori, si sono scritti volumi in folio sopra questa pretensione del papa; il tal principe commetteva un adulterio: — E che importa? Il papa mi ha assoluto. — Il tal re commetteva uno spergiuro: — E che importa? Il papa mi ha assoluto. — Molti volumi in folio si sono scritti, e tutti dimenticati; ciò