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nuova generazione, nella quale sono poste le sorti dell’edifizio tumultuario e frettoloso da noi innalzato. E l’ho trovata migliore della sua riputazione. S’era fatto un gran dire de’ nostri milioni d’analfabeti, de’ pessimi esami liceali, e mi sonava ancora all’orecchio quell’«abbasso Senofonte!», che fece il giro di tutta Italia. Ma non è col vilipendio che si forma una generazione. Quanto a me, dico schietto che ho ritrovata la mia gioventú napolitana, come stava nella mia memoria. L’ambiente è mutato: non ci è piú quell’aria di sentimentale alla Byron o alla Leopardi, che rivelava aspirazioni confuse e non soddisfatte, di che è rimasto tipo tradizionale Luigi La Vista1. Allora eravamo tutti malati, maestro e discepoli, malati del mal del paese. Oggi la patria c’è; e la gioventú tra un ideale soddisfatto e un altro da venire e non ancora ben chiaro, sta senza bussola, senza un di lá, e si chiama positiva. Gli è come marito e moglie, soddisfatti oramai ed annoiati della loro soddisfazione, perché in essi non è penetrato ancora il sentimento di una vita nuova e piú seria; la famiglia è fuori ancora del loro spirito. La gioventú è nella sua luna di miele, sazia di patria e di libertá, felice e annoiata della sua felicitá, perché non si è messa ancora in cammino verso nuovi orizzonti. Indi quella sua aria un po’ svagata e distratta, che ci ha colpiti e disposti male. Ora rinnega l’ideale, perché non ne ha alcuno, e cerca e non trova il reale, e si chiama e non è «positiva», e, contenta a quel nome nuovo, non pensa a rinnovare la sua sostanza, e se la passa cosí tra spensierata e annoiata. Ma è stato transitorio. Comincerá anche per lei vita nuova e veramente positiva. Libertá e patria è una ereditá acquistata senza fatica sua. Il suo còmpito è rendere questa ereditá cosa positiva, dare alla libertá un contenuto e fissarlo bene nella coscienza, rifare e realizzare lo spirito italiano, fondare, sotto a quella unitá geografica che si dice la patria, l’unitá intellettuale e morale. L’ereditá acquistata è una forma quasi ancora vuota; il suo còmpito è farne cosa viva e or-

  1. Studente ucciso in Napoli dagli Svizzeri il i5 maggio i848. Il professore Villari ha con pietosa cura raccolti e pubblicati i suoi scritti.