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194 la logica di hegel


La limitazione del finito non è un estrinseco, ma la sua stessa determinazione essente: questa è insieme limitazione e dovere: il comune, dove ambi sono identici: la negazione è essa stessa il tolto, l’in sé: il suo limite è ancora non il suo limite.

Nota. Il limite è limitazione, in quanto è in opposizione col suo altro, 1 ’illimitato, il dovere. La pietra non penetra sul suo limite, perché questo per lei non è limitazione. Il non pensare non è per lei limitazione, perché in lei non vi è una negazione, un altro (il dovere) dal pensiero, che essa non ha. Lo star fisso in un luogo è limite per la pianta, limitazione per l’uomo. Dice Leibnitz: se il magnete avesse coscienza, crederebbe la sua direzione al nord una legge della sua volontà. Anzi se il magnete avesse coscienza, volontà e libertà, e pensiero, sentirebbe questa sua direzione come una limitazione della sua libertà, ed essendo per esso lo spazio la totalità delle direzioni, penetrerebbe sulla sua limitazione. Il dovere però è solo un finito penetrare.

Passaggio del finito nell’infinito.

Il finito contenendo in sé due momenti, qualitativamente opposti, negativi l’uno dell’altro, è la contraddizione di sé in sé: esso si toglie: passa. Ma questo risultato i) è se stesso, la sua propria determinazione essente in sé; poiché l’altro in cui si muta è pure finito, e così via via all’infinito. 2) Ma nel suo passare il finito raggiunge il suo in sé, concorda con se stesso, ed è così identità con sé, affermativo essere, l’altro del finito, l’infinito.

quadro vii: l’infinito


L’infinito come tale.

L’infinito, negazione della negazione (del finito) è l’affermativo, l’essere, non l’immediato, ma il vero essere, l’innalzamento sulla limitazione. Il finito si innalza all’infinito non per estrinseco potere, ma perché la sua natura è di rapportarsi negativamente alla sua limitazione, di negarla, penetrando su di