Pagina:De Sanctis, Francesco – La giovinezza e studi hegeliani, 1962 – BEIC 1802792.djvu/140

134 la giovinezza

e furono tra i più studiosi. Questa eletta schiera diede il tono alla scuola. Io li chiamavo il mio stato maggiore. Era visibile il progresso, soprattutto nei componimenti e nella critica. Non era più quistione solo di lingua e di stile: i giovani si addestravano a cercare nelle viscere dell’argomento, a trovarvi la situazione, e da quella derivavano la bontà o il difetto del lavoro. Questo li tirava all’unità del disegno, all’ossatura e al congegno delle parti. Lo stile veniva in ultimo, ed era esaminato non solo in sé, ma più in relazione all’argomento. Quando la conclusione della critica era questa formola: la situazione è sbagliata, l’autore si faceva pallido, il lavoro era giudicato essenzialmente cattivo. Nei giudizi il più indulgente ero io, che trovavo sempre nei lavori più mediocri qualche pregio, il quale mi apriva l’adito a parole di conforto e d’incoraggiamento. Questa maniera di critica riusciva barocca presso gl’ingegni comuni, inetti a orientarsi e a guardare il lavoro nella sua sostanza, pedanti nel loro rigore e facili a dire: — La situazione è sbagliata. — Ciò che vi è di sbagliato, — dicevo io allora, — è la vostra critica — . Un giudizio buono era un avvenimento, come un buon lavoro. Si dice che i giovani sono i migliori giudici dei professori, ed è vero, ed io ci credevo molto. Il livello infatti s’era tanto alzato, ch’io mi misi in pensiero, e misuravo le cose e le parole perché essi, sincerissimi e attentissimi, talora mi guardavano con un’aria impersuasa, alzando il muso con un atto che voleva dire: «Questa volta non ha dato nel segno». Io mi ripetevo, rincalzavo, mi spiegavo meglio; ma la mia coscienza si avviliva in quel mio armeggiare, e la mia sincerità mi dipingeva sul volto la mia condanna. Questo mi rendeva più preziosa la loro approvazione, ugualmente sincera, e mi stimolava a raccogliermi e a studiar bene. Non era in verità cosa facile imbroccare la situazione, guardando, nel fare la critica, la cosa da quei lati che l’argomento richiedeva. Talora si rimaneva troppo sul generale e s’ingrandiva il quadro, e questo avveniva per lo più con frequenti richiami da parte mia. Qualche volta ci capitavo io, ed il loro volto diceva: «Ecco, anche lui ha incespicato». I due che avevano acquistato più autorità erano Magliani e De Meis. Ma-