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Se quel «ritenendo intanto» e quei «lumi avviluppati in molle laccio» ti mettono innanzi il testo troppo nella sua lettera, e rivelano quella tale disposizione prosaica, pure nel tutto senti quell’impressione di mollezza e di dolcezza che accompagna il sopore mattutino, quando, così tra veglia e sonno, non puoi alzar le palpebre, gravate come di un peso, ma di un peso così dolce che ti piace e vuoi stare così.

È un lampo di poesia; l’anima consapevole e commossa del traduttore ci vive dentro. E questo senti qua e là negl’Idillii, materia meglio proporzionata a quell’età e a quella natura d’ingegno. E soprattutto nell’idillio quinto, il più compito esempio di poesia, che sino a quel tempo ci abbia dato.

Poinsinet lo intitolò la Paresse, e il nostro giovane lo lasciò senza nome, non volendo abbassare quella materia con un titolo, il quale esprima di quella il lato esteriore e grossolano.

Qui l’anima è rappresentata nello stato di riposo, senza alcuna iniziativa, cullata dolcemente dalla bella natura, e la contempla e la gode, e non cerca altro. Potrebbe l’idillio intitolarsi La quiete o Il riposo.

Un pastore contempla il mare tranquillo, dolcemente increspato, e dimentica la musa e guarda e gode. Ma il mare è in tempesta e il pastore ripara in selva oscura, e sta ben così tutto solo al canto del pino e al mormorare del rivo e sotto la chioma di un platano, e mostra il suo godimento.

Il concetto è l’instabilità del mare e come infelice è la vita del pescatore, e che contento è quel sentire sotto di sé la terra salda e sicura.

Ma una poesia non si giudica dal concetto, e tanto meno dal fatto materiale, a cui quello si riferisce.

La poesia è nel sentimento o nel motivo musicale, di cui quel fatto e quel concetto non sono che il semplice e il rozzo materiale.

Il motivo o il sentimento di questo idillio è l’anima isolata dalla società; pura di passioni e di cure, nella sua solitudine e nella sua tranquillità divenuta una con la natura, e in quella vive e si appaga. Sentimento primitivo e semplice. Questa vita