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L’impassibilità della Natura, che noi sogliamo chiamare madre, spaventa qualunque abbia cuore d’uomo. Quel sentimento che c’induce al culto e alla preghiera, è qui non messo in giuoco, ma strozzato dalla verità. Sotto l’Islandese intravvediamo tutto il genere umano, alle cui sorti rimane indifferente la natura e il mondo. È il pensiero di Bruto. Ma quello che rivelò a Bruto la disperazione e poteva parere bestemmia di suicida, è qui verità intuita con tranquillità filosofica, pure con tali colori e in tal forma, che te ne viene brivido, e te ne senti male. E ci par di vedere fiele in quella tranquillità; e che lo scrittore ci derida e ci dia una coltellata, con la gioia di chi si vendica. Qui s’intravvede una inimicizia della stirpe umana, nella quale ci si sente il «repulso». Una certa misantropia balenava in quell’anima, nata all’amore, in alcuni cattivi momenti, e gli compariva sulla faccia il verde di una ironia amara, che voleva rendere piacevole, come si vede nella fine del dialogo.