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xv. 1821-22 - il «bruto» e la «saffo» 149

sione di luce o di moto, che non sia di folgori, nembi e tempeste. Il bello non opera più, ci vuole il terribile. L’anima non ha il senso di quello che l’occhio vede, quantunque l’immaginazione per abitudine presti i suoi colori e simuli un sentimento, rimasto nella memoria. Anzi, quanto la memoria ritiene più le sembianze dilettose, e quanto l’immaginazione le colorisce più, maggiore è lo strazio, perché l’immagine torna, e il sentimento, suo compagno, non torna più. E non solo le immagini tornano fredde e scompagnate, ma per una illusione naturale e sommamente poetica pare, alla repulsa, che non sia lei che le fugga, ma che sieno loro che fuggano lei. Come Faone la fuggiva, la fugge l’uccello e il faggio e l’aprico margo e il mattutino albore. Il candido rivo che sottrae al suo lubrico piè le flessuose linfe, fenomeno reale e indifferente, pare alla reietta che sia in fuga per dispregio verso di lei, disdegnando.

Questa è la situazione. Nel fiore della giovinezza Saffo, reietta da Faone, ha perduta la fede in sé stessa, nella sua lira, nel suo canto, nella sua gloria, e si è scoverta brutta, in dispregio a tutti. Ella è quello che dicesi comicamente una «patita». Ed avrebbe il ridicolo e la bruttezza della patita, se affettasse questa parte. Ma la terribile donzella è molto al di sopra della vanità e della velleità del parere, ed esprime con sublime semplicità quella rilassatezza della volontà e fino del desiderio, che oggi la moda chiamerebbe anemia. Ella muore, perché non sente più quello che intende e immagina con idee e con colori di memoria, cioè a dire che escono da impressioni del passato, non presenti e vive. E se in quelle idee o immagini c’è ancora poesia, gli è per quella parvenza di fuga e di dispregio che la natura prende nel suo cervello ammalato. La natura è indifferente anche alla rovina del mondo. Quel chiaro di luna tranquilla sulle stragi di Filippi sembra a Bruto una ironia. Questo è il concetto estetico di quel canto, e, come non si tratta di Bruto, ma di Roma, anzi del mondo, quel concetto acquista grandezza e significato universale, che dà alla forma l’alta intonazione della tragedia. Bruto può spingere le sue impressioni sino alla ribellione e alla bestemmia, e assumere l'aria di un Prometeo, senza che vi paia