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xiii. don abbondio 273

poeta che fu pure un prete, Parini. Questo è il grande comico sociale, e quando avrò aggiunto il Tartufo di Molière che Gigli riprodusse, vi avrò indicato tutto il cammino del comico. Dopo il Concilio di Trento, dunque, il comico cambiò interamente, e si riversò sulla borghesia intelligente che fino allora s’era divertita a spese della plebe e del clero, e quella che metteva in caricatura diventa materia di caricatura, perché istruita ma senza forza dirimpetto alla nobiltà, al clero, alla monarchia assoluta. Se volete vedere il codice di questa nuova borghesia, in cui il carattere italiano è in decadenza, costretta a fare ciò che non pensa, iniziando l’ipocrisia italiana di cui non interamente sono sbarbicate le radici perché da tre secoli ne portiamo il peso: questo codice si trova nei Ricordi di Guicciardini, il quale ha elevato ad arte di saper vivere tutte le abbiezioni che oggi, dopo il nostro Risorgimento, ci muovono ad indignazione. E qual’è la formola del Guicciardini? Stare col più forte, navigare in modo che tu non ti trovi mai dal lato del debole! Non è più ragione e diritto, ma forza e debolezza: la forza in una classe una volta derisa, la debolezza in una classe più istruita; per cui nasce anche la coscienza della debolezza. Ciò ha pervertito il carattere italiano e l’ha reso comico. Nessuno in Italia lo avea rappresentato, ed ora giá vedete la grande importanza che acquista don Abbondio.

Egli non è ridicolo in quanto è prete, ma in quanto rappresenta appunto, con tutta la borghesia, col suo latinorum, in grado assoluto, quella trepidazione, quella paura, quel sottomettersi innanzi alla forza naturalmente e con l’anima, in che è il carattere comico di tutto il gruppo intermedio. A Lecco la gente istruita sottosopra è come don Abbondio; alcuni sono peggiori, e i mezzi tiranni come i grandi tiranni si servivano della protezione del forte per opprimere il debole. Ci avete il dottore Azzeccagarbugli, il podestà del villaggio di Renzo e Lucia, che soggiaceva all’intimazione dei bravi e stette zitto come don Abbondio, ci avete fin anche l’oste: cosí quel sentimento generale della borghesia è finamente indicato da Manzoni in tutte le gradazioni.

18 — De Sanctis, Manzoni.