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la vita dissipata, aveva ricorso all’amica sua. Nei primi tempi l’intimità del loro legame scusava se non legittimava gl’imprestiti; più tardi, finito l’amore e cominciati i mali trattamenti, egli non era stato in grado di soddisfare gl’impegni. E frattanto i suoi bisogni erano divenuti più urgenti. L’ultima cospirazione di Kronstadt gli era costata tanto, che egli non aveva saputo più come fare: da lettere di risposta trovate a Zurigo appariva che si era rivolto a più parti, insistendo premurosamente per avere soccorsi.

A queste notizie il Ferpierre accolse un dubbio grave. Zakunine e la nihilista avevano uccisa la contessa per impossessarsi del suo denaro?...

Il sospetto, a priori, non era irrecusabile. In casa della morta si erano trovati molti valori; ma ella era tanto ricca che forse ne aveva potuto possedere, l’ultimo giorno, per una somma maggiore. Ad arte i due Russi, se il furto era il movente del crimine, potevano non averli involati tutti: ma difficilmente si spiegava in tal caso il modo rumoroso col quale l’avevano uccisa e l’acuto dolore al quale Zakunine era parso in preda; nè si poteva dire come e dove avessero nascosto le somme rubate nei pochi istanti trascorsi fra il colpo e l’accorrere delle persone di servizio. Si doveva credere che qualcuna di queste persone fosse loro complice? Oppure che essi aspettassero ancora di sottrarre i denari dopo aver fatto