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creatura che gli si era resa a discrezione. Se la lusinga di ridurlo a una più calma prosecuzione della riforma sociale era fallita, aveva egli almeno risposto con atti di bontà alle dimostrazioni dell’amore?

Il Ferpierre lesse con raccapriccio nelle nuove pagine del diario:

«Egli m’ha detto queste precise parole:

«Dunque tu credi che l’amor tuo sia immortale? Non capisci che finirai di amarmi, che già non mi ami più come prima? Tu mi giudichi indegno d’amore, pensi d’esserti sacrificata, il sacrifizio ti costa, vuoi ottenerne il compenso, lo cercherai in un altro amore; non dubitare: qualcuno te l’offrirà.... Sul principio dirai che la colpa è stata mia, più tardi riconoscerai che io non ho colpa. Dentro di te, dentro di me, nei nervi, nella carne, nel sangue di noi tutti c’è un fermento che niente e nessuno può sedare: quando tu avrai fame ti ciberai; dopo aver mangiato sarai sazia. Non c’è altra verità fuori di questa. Bisogna dirla, ripeterla, onorarla, e riconoscere che le tue leggi, i tuoi comandamenti, i tuoi scrupoli sono menzogna ed ipocrisia che dobbiamo smascherare e confondere. I tuoi grandi nomi, l’Amore, il Dovere, il Diritto, hanno un senso, ma non è quello che tu pensi. Il nostro dovere e il nostro diritto si riducono a ottenere e mantenere il piacere, che è la ragione, l’ori-