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zione. Quando li ho visti abbracciarsi, con gli occhi ridenti e lacrimosi, allora ho pianto anch’io. Sua Grazia la Marchesina Fiorenza Albizzoni-Vivaldi non c’è più...»

E il giudice Ferpierre, sostando perchè il manoscritto era di nuovo interrotto, ricostruiva con l’imaginazione le cose taciute dalla narratrice.

Il conte d’Arda, che aveva visto nascere la figliuola dell’amico suo e che l’amava da bambina come un altro padre, s’era dovuto sentir vincere, dinanzi alla giovanetta, da un sentimento diverso, più dolce e tormentoso. Certo aveva tentato di resistergli, pensando alla grande disproporzione dell’età, soffrendo d’una pena secreta e quasi vergognosa tutte le volte che l’amico ancora ignaro alludeva alla loro giovinezza tramontata; ma l’amore era stato più forte ed aveva suggerito i suoi persuasivi ragionamenti. A quarantaquattro anni poteva egli dirsi vecchio? Se la sua persona e il suo carattere non dispiacevano alla giovinetta, che cosa importava la differenza degli anni? L’esperienza acquistata con gli anni non faceva di lui un partito più conveniente di tanti altri?... Ma sopra ogni cosa l’amicizia che lo legava al padre non dava garanzia che egli avrebbe consacrato tutta la vita a rendere felice la figlia dei fratello suo? Per l’assidua e intima frequentazione di quella famiglia non era già come se egli fosse entrato a farne parte?...