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208 | la messa di nozze |
spucci».... Aveste ragione di modificare quelle figure di selvaggi: rammentavano troppo i mori del monumento mediceo di Livorno.
Si aggirò per ogni angolo, vide ogni cosa, rimosse tutti i cavalletti girevoli, lesse tutte le firme dei bozzetti pittorici, tutti i titoli dei libri sul tavolino. Vedendo sopra una mensoletta un calice da fiori, vuoto, disse alla piccola Rita:
— Ma come? Tu lasci senza fiori lo studio dello zio, e ne dài tanti agli estranei?
E mentre la piccina balbettava qualche confusa parola di scusa, ella stessa scelse tre rose dal fascio, una bianca, una gialla ed una rossa, e le dispose nel calice.
— Ricordati che sono senz’acqua, pensa a dar loro nuova vita.
Quando il servizio fu pronto sul tavolino sbarazzato dai libri, la conversazione, divenuta generale, sfiorò molti argomenti: la floricoltura del dottore, il movimento dei forestieri sul lago, le bellezze della natura e dell’arte italiana.
— Ora, — ella disse, levandosi, dando il segno dell’addio, — non bisogna dormire sugli allori, Bertini!
— Glielo dica lei, signora! — soggiunse