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mandarsi in qual modo ella fosse sopravvenuta tanto a proposito.

Recando la pezzuola inzuppata, egli era passato dietro al sedile per sollevare la giovanetta, che all’impressione di freddo sulla fronte aveva tratto un profondo respiro, scuotendosi, «No... non come l’altro...» mormorava, respingendo la contessa che la teneva stretta fra le braccia. «Son io, Maxette!.. son io...» e con un segno della mano, ella ingiungeva ad Ermanno di tenersi discosto. Dischiusi gli occhi, Massimiliana guardò un poco la donna; poi si sollevò, in un rapido ritorno della memoria, spingendo lo sguardo dinnanzi a sè. E come si vide sola con l’amica, afferrossi a lei, convulsamente. «Aiuto... soccorso...» supplicava, fremendo; «è troppo... è la morte...» — «Maxette!.. Maxette!..» ripeteva la contessa, subitamente comprendendo, impotente a sedarla, atterrita al vedere Ermanno avvicinarsi... «Diteglielo voi, di fuggirmi... voi che vedeste le mie lacrime... che sapete tutta la mia vergogna... Ah, Dio Signore... mio Dio Signore!..»