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bero potuto aiutarlo. E una volta rinchiuso il battente, addio!... — C’erano dei laberinti spaventosi laggiù, avanzi ancora d’un vecchio castello medioevale, sul quale era sorta la nuova villa, e nessuno osava per paura metterci il piede.

Era proprio il paese del nulla e di nessuno, dove le cose compiute non esistono più. Ma bisognava persuadere il vecchio a discendere.... e prima bisognava sincerarsi che avesse i denari indosso, oppure bisognava strappargli dalle unghie una procura, una cambiale, qualche cosa....

«U barone» sospirava forte e si rotolava nel letto.

Qui cominciavano i sogni. Luoghi bui, antri, caverne, stalle, scuderie, grotte, bassifondi, tinaie, legnaie, pozzi, androni, solai, sotterranei neri, scale nere e umide, e molte ragnatele, grandi, forti, che lo invischiavano, lo avviluppavano, gli impedivano il passo e il movimento delle braccia, e una lotta grottesca tra lui e un grosso ragno nero, che non era in fondo che il suo prete.

— Oh! — gridò una volta, mettendosi a sedere sul letto. Albeggiava. Nel giardino e nella selva cinguettavano gli uccelli.

Una dolce memoria della sua infanzia, come se passando vicino gli ventilasse il viso coll’ala, ringiovanì e rinfrescò per un istante il suo pensiero. Oh le belle mattine, quando scendeva dal letto e correva a respirare l’aria pura, a rin-