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— Non potrebbe essere che d’un prete?

— D’un soldato, no.... — soggiunse don Antonio, facendo seguire l’osservazione d’una risatina grassa, che scese nella gola e morì nel ventre col tintinnìo d’un campanello.

— Non potrebbe Salvatore averlo acquistato da un prete?

— Con che sugo?

— Per fare una carità.

— Non è possibile. Vedete che è un cappello nuovo degno d’un monsignore.

— To’, mi viene in mente un’idea. Che fosse di monsignor vicario, quel reverendo prelato che una volta fu a visitare la villa?

— Ci avevo quasi pensato vedendo i nastrini di seta.

— Scommetterei che è così.

— Ma vi pare possibile dimenticare il cappello? A me è accaduto di dimenticare qualche volta il libro dell’uffizio, ma un cappello.... vi pare? Ad ogni modo io non farei male a scrivere una bella lettera a monsignor vicario per togliermi d’addosso anche questa pagliuzza.

— Vossignoria farà bene certamente per la pace dell’anima.

Il giorno appresso don Antonio versò tre goccie di vino nel calamaio, dove da un mese era seccata l’ultima sua predica, prese la penna e disse nell’atto che cominciava la sua bella lettera:

— La pace e il riposo dell’anima valgono ogni