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gromanzia è un’arte diabolica e la Chiesa non ha bisogno di questi sostegni. «Et portae inferi non pravalebunt....», capite ancora il latino?

— Vi ha scritto dove si trova?

— Mi ha scritto e non mi ha scritto, — disse con aria altezzosa l’arruffato don Ciccio, — ciò che mi irrita è di vedere il disprezzo gettato sulle cose sacre e degne di rispetto.

— Credete almeno che tornerà?... la gente fa mille supposizioni una più brutta dell’altra.

— La gente, la gente, la gente.... la gente!

Don Ciccio fece una mezza volta per la bottega, accompagnando ogni sua esclamazione con un sorriso pieno di amaro dispetto. Sentì il bisogno di dare una strappata forte al suo panciotto a fiori e di passare la manica sul pelo del suo cilindro bianco, nell’atto che lo appiccava al chiodo. Il cilindro rimase appiccato col pelo più arruffato di prima e pareva che si associasse al suo padrone nell’acre disprezzo per la gente o pei liberalastri.

— Eccellenza è servita.

«U barone», che durante questo tempo aveva perduto il senso di sè stesso, si scosse, si tolse con fatica dalla poltrona, si concentrò in un sussiego aristocratico, e si mosse gravemente. Don Nunziante, che lo riconobbe, s’inchinò rispettosamente e corse a sollevare la tenda. «U barone» uscì duro, tutto d’un pezzo, e prese a camminare verso un’ignota destinazione, senz’altro scopo che di snodare gli arti e di smuovere il sangue.