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mato di orgoglio trascinava alla disperazione. La stessa disperazione però pigliava già forma di sacrificio. Non è santo olocausto la morte di un padre che si uccide per salvare l’onore dei figli?

Arabella dormiva soavemente nel suo letto composto e bianco. I capelli di lino scendevano sopra le piccole spalle che brillavano nella poca luce dell’alba. Il seno piccolo e commosso forse da un sogno palpitava della vita che si sogna a dodici anni. Le labbra semiaperte mandavano fuori un alito puro, misto al profumo delle carni intiepidite nelle coltri.

Quel mondo cattivo e senza carità, che voleva oggi cacciare in prigione il padre, avrebbe fra non molti anni sospinto colle stesse mani la figliuola al vizio e alla vergogna, giovandosi della sua fragilità morale. O che cosa può essere (pensa il mondo) la figlia di un ladro e di un falsario morto in prigione?

L’uscione del solaio sbatacchiò due colpi che fecero tremare la casa.

— Vengo.

Si chinò sulla testolina della figliuola, lasciò che cadessero le ultime lagrime sopra i suoi capelli, l’adorò un ultimo istante, e risoluto, sempre con passo leggiero, andò in cucina, presso la cassa della legna.

C’era un cassetto, frugò, rimestò un pezzo