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se gli indirizzi e sollevò la testa come se si svegliasse da un gran sogno.

Naldo mormorava in sogno delle parole ridenti.

Il cuore irritato e superbo del padre fu scosso da quella voce tenera e balbettante, che si svolgeva dalla vaga delizia d’un bel sogno. Il povero uomo strinse la testa fra i pugni. Bagnò ancora una volta la penna e cominciò a scrivere:

«Cara Beatrice....»

Ma un fiume di lagrime gli tolse la vista della carta. Soltanto a scrivere il nome di questa donna, tutte le forze dell’anima si risvegliarono in un impeto sdegnoso di coraggio, in una quasi feroce esigenza di vita.

Egli non osava dire a sè stesso che forse soltanto per questa donna era venuto insensibilmente all’orlo del precipizio: non osava accusare sua moglie, renderla complice delle sue disgrazie. Ciò che egli aveva fatto per lei, i regali, il lusso, lo splendore della vita, non era stato chiesto dalla povera donna: ma Cesarino l’aveva dato spontaneamente, come tributo dovuto alla bellezza e alla bontà di sua moglie, di cui egli era ciecamente innamorato e ciecamente geloso....

All’idea che i morti non possono vedere le cose di qua, e che Beatrice, vivendo, poteva essere il tesoro di un altro uomo, Cesarino