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gnora Beatrice. Avesse dovuto aspettare non cinque minuti, ma cinquanta secoli, non sarebbe uscito di lì senza aver parlato coll’amabile sposina.

Il portinaio venne a contare delle storie in cui entrava ancora Cesarino, il solaio, la trave, la mano.... che so io? tutte parole che non arrivavano fino alle orecchie di quell’uomo immerso fino ai capelli in una profonda oscurità, e che sentiva sè stesso come un sacco imbottito di stoppa.

Di fuori il Carrobio mandava i suoi gridi, i suoi strepiti, i suoi rombi di carri pesanti, accalorandosi nella vita crescente della giornata. Dalla porta entravano e uscivano uomini, donne, ragazzi. Chi consegnò una chiave, chi ritirò una lettera, una donnicciuola in cuffia si lamentò del gatto, che andava sempre davanti al suo uscio.... che era una sporcizia. Un fornaio lasciò tre panini sul tavolo del sarto e se ne andò urtando nei vetri col cavagno.

Nella corte strideva a brevi intervalli il manubrio della pompa, con un tonfo di roba pesante; risonavano voci di donne, piagnistei di bambini.... Tutti questi particolari, occuparono, distrassero un momento la sua attenzione durante il buon quarto d’ora che la signora Pianelli si fece aspettare. Erano sottili ricami sopra un fondaccio senza colore. La