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siamo tutti.... — suggerì con benevolenza il buon Bianconi, che nella sua bonarietà soffriva di vedere un amico così fuori di strada.

— Non è per non pagare.... Che diavolo! io sono ricco.... Guarda, Bianconi. Ho appena riscossa la mesata.... la vedi qui?

E Demetrio stese la mano irritata da un fremito mal compresso d’ira, con dentro le sue centoventidue lire e centesimi, gualcite come un pezzo di fodera.

— Sappiamo che ella è ricco.... — cantarellò il gobbetto, facendo sonare le dita nell’aria.

— Sì...., caro il mio signor....

Demetrio finì la frase con un’altra occhiata lunga e insolente. Poi si mosse d’un tratto come se lo assalisse un’idea luminosa:

— A lei, che ride e che canta, guardi: posso regalarle al signor cavaliere....

— Commendatore, commendatore.... — corresse burlescamente l’altro.

— Posso regalare al signor commendatore cento lire.... guardi! — e con un colpo di mano andò a mettere il biglietto da cento sulla scrivania del suo superiore. — Ed anche qualche cosa ancora gli posso regalare — soggiunse, cavando di tasca un involtino, ripiegato in una carta e legato con un nastrino rosso, che collocò sul biglietto. — Ma su quella lista il mio nome non lo metto: e mo’ è