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che un semplice vezzo di perle, vecchio tesoro di casa, che morivano nel loro pallore nella candida morbidezza della carne; le braccia eran nude dalle spalle al gomito, dove arrivavano gli altissimi guanti di Svezia su cui brillavano i braccialetti.... Ma la gran bellezza della donna erano i capelli, quei molti capelli folti d’un biondo carico, che s’intrecciavano in nodi contorti a guisa d’un turbante sul candore di porcellana della carnagione, per cui Beatrice Pianelli aveva veramente una grande rassomiglianza colle belle bambole grandi che vengono dalla Germania, come se ne vedono nelle vetrine del Pino e del Caprotti, belle e lucide di fuori, vuote o piene di stoppa di dentro. Questa somiglianza aveva fatto trovare per lei il soprannome di bella pigotta con cui solevano colla chiara ed espressiva concisione morale del dialetto lombardo indicarla i buoni amici e le meno buone amiche di lord Cosmetico.

Cesarino, che in materia di buon gusto era un giudice incontentabile, fece girare due volte Beatrice sopra sè stessa, aggiustò qua, carezzò là, mosse una freccia nei capelli, stese le mani alla vita che non gli pareva ancora troppo bene attillata.

— Caro te, stento quasi a respirare, — disse Beatrice tirando un gran fiato.

Arabella, la figliuoletta di quella gente fe-