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vo a Gherfa, dove tutto era squallore e strida di donne, che piangevano quale il marito, quale il fratello od il figlio, di cui non avevano notizia o che sapevano morto.
La provincia di Gherfa, come dissi, doveva essere rispettata; ma è tale l’indisciplinatezza delle truppe Abissine, che nessun ordine, per quanto severo, e nessuna forza umana sono capaci di frenare la loro smania di rapina e distruzione una volta che sono ordinate le razzie; e per tutto ove passano è furto e rovina, non rispettando neanche i paesi stessi del loro sovrano.
Gherfa adunque, specialmente in basso, fu anch’essa invasa, e tutte le cose mie erano andate a far parte del bottino di guerra: io mi rimasi coi pochi talleri che avevo in dosso ed alcuni effetti, che formavano il carico di un mulo.
In tale stato raggiunsi l’accampamento del Re dello Scioa a Boru-Mieda il 3 marzo, ma non fui ricevuto se non vari giorni appresso, a causa delle non lievi preoccupazioni del Re pel modo con cui era stato trattato dall’Imperatore.
Ecco quale è lo stato attuale dell’Abissinia: i governanti in guerre continue fra di loro, le quali impoveriscono sempre più il paese; la popolazione, dedita alla vita militare, trascura l’agricoltura e le industrie; i vari generali del Negus sono obbligati alla rapina ed al brigantaggio, per mantenere i