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rona divengono rachitiche, intristiscono, muoiono; son costrette farle largo, cederle il posto, poichè i suoi fronzuti rami tolgono a loro luce e calore, le sue innumerevoli radici succhiano tutto il nutrimento della terra circostante.

Ed essa invece s’abbarbica sempre più potentemente, s’innalza sempre, diritta e forte e sfida il fulmine e la bufera: Ecco la quercia!

Non altrimenti accade, come innanzi io avvisava, nell’ordine economico, nell’ordine politico; ed un esempio splendidissimo ce l’offrono Roma e Venezia.

Due bastardi ed un manipolo di uomini, forti sì e risoluti, ma che, se fossero vissuti ai nostri giorni, sarebbero stati ammoniti, anzi sottoposti alla sorveglianza speciale, fondarono una città: dapprima le mura potevano facilmente scavalcarsi con un salto; nessuno li avvicinava, tutti li fuggivano; ma la fermezza dei loro animi, superando qualsiasi ostacolo, trionfò sempre.

Guerreggiarono, e le loro aquile, rapaci, ma civilizzatrici, si librarono vittoriosamente su tutto il mondo allora conosciuto; e così eglino insegnarono a leggere, scrivere, e procedere da galantuomini a tutti i barbari, che sentirono l’urto delle loro legioni, non esclusi i nostri odierni maestri, i Tedeschi!

Gli abitatori di Aquileia, sfuggendo all’ira del flagello di Dio, si rifuggiarono al mare,