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bisogno d’essere meglio compresa e più amata in famiglia; che sebbene non parlasse, pure tutti s’accorgevano ch’ella era una vittima di sua cognata, la quale da lei pretendeva cose esagerate e superiori al poter suo, e censurandola fuor di casa, le faceva un cattivo nome. Dorotea, sentendosi a stuzzicare il dente, che pur troppo le dolea, si fece rossa come una ciliegia e poi si sfogò a dire il peggio che poteva di colei, che pel suo bene, forse con un po’ di severità, l’ammoniva, Zerlina cercò alla meglio di consolarla e poi appena si trovò con altre persone, che conoscevano Dorotea, non potè trattenersi dal ripetere tutto ciò che questa le aveva detto, in confidenza, dell cognata, dipingendo, con vivaci tinte, l'infelicità della prima e l’insopportabile cattiveria della seconda; per cui ambedue divennero la favola del paese. Non paga di ciò Zerlina, un giorno trovandosi da sola con la suddetta cognata, commise la grave imprudenza di compiangere Dorotea, di augurarle un avvenire più lieto ed infine di ripetere tutto ciò che Dorotea stessa aveva detto contro di lei. — È facile immaginare come questo pettegolezzo abbia avuto fine. Le due cognate, se prima a mala pena si tolleravano, non poterono da quel giorno in poi più parlarsi, senza dirsi cose dure, e la convivenza riuscendo loro, in tal guisa, insopportabile, dovettero separarsi, per trovare un po’ di calma.

Non sarebbe stato meglio se Zerlina avesse