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370 capitolo xx.

CAPITOLO XX.

Le proteste del Papa e il Congresso.



Sommario: Le ire di Pio IX. — Impressioni a Roma. — Il Papa ricorre alle sue armi spirituali per protestare contro i fatti compiuti. — Enciclica del 18 giugno. — Concistoro segreto e allocuzione ai cardinali. — Le proteste cadono nel vuoto. — Allocuzione del 26 settembre. — Prima scomunica non canonica. — La deputazione romagnola è ricevuta da Vittorio Emanuele a Monza. — Indirizzo al Re e risposta di lui. — Il Papa manda i passaporti all’inviato sardo. — Dimostrazioni al conte Della Minerva. — Il Papa è furibondo per «l’ipocrisia» del Re e di Cavour. — Funerali ai soldati francesi in Roma. — Goffaggini del generale Goyon. — Cerca di ostacolare la sottoscrizione per una spada di onore a Napoleone e a Vittorio Emanuele. — Il Papa aderisce al Congresso, ma respinge i fatti compiuti. — L’opuscolo Le Pape et le Congrès. — Impressione disastrosa in Roma. — La lettera di Napoleone III al Papa. — Progetti fantastici. — Pio IX più violento ma logico. — Il Giornale di Roma risponde alla lettera dell’Imperatore. — L’Austria e Napoli. — Dubbi circa il Congresso. — Un libro di Alessandro Gavazzi. — Parole di Napoleone III — Il Congresso svanisce. — Coloro che dovevano esserne i membri.



Quali dolorose sorprese per l’iracondo Pontefice! Non eran compiuti due anni dal suo viaggio nelle provincie, dalle quali era tornato con l’impressione che la fede dei popoli era viva e incrollabile in lui, e vedeva, in nove giorni, tutto lo Stato in fiamme, e le Legazioni perdute. La ribellione, domata nelle Marche e a Perugia, non bastava a confortarlo, nè lo confortavano le condizioni dell’ordine pubblico a Roma, dove le notizie delle provincie avevano accese le teste, da far temere guai maggiori. L’effervescenza si rivelava nei teatri, all’Università, nelle vie, nelle collette per favorire le diserzioni dei soldati, e far partire quanti giovani chiedevano di andare al campo piemontese. La città non era tranquilla; e per quanto il Goyon si abbandonasse a comiche minacce, non riusciva a far paura, nè facevano paura la polizia, nè l’ambasciatore austriaco, che, dopo Magenta e Solferino, nessuno più temeva. Il duca di Gramont fraternizzava apertamente coi liberali; e il ministro sardo aveva, alla sua volta,