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viaggio del papa nelle provincie 271

stituzione gratuita dei piccoli pegni, e con l’assegnazione di alcune doti a zitelle povere. Ravenna contava, nel 1857, poco più di 53,000 anime, delle quali, sole undici mila in città; riceveva la posta di Roma e Lombardia quattro volte la settimana, e solo la posta di Russi arrivava e partiva ogni giorno. Quella città, che fu capitale dell’impero d’Occidente, e del regno d’Italia con Odoacre; del regno dei Goti con Teodorico; dell’Esarcata e del regno Longobardo con Astolfo; quella città, un giorno così potente, che suscita un’impressione incancellabile coi suoi capolavori bizantini, coi suoi vuoti palazzi medievali, con le sue ampie e desolate contrade, e con quella impronta di signorilità, che la distingue dalle altre consorelle di Romagna, conservanti un carattere tra il monumentale e il campestre; quella città, dico, la cui decadenza si compì dal giorno che fu soggetta ai Papi, non meritò l’onore che di soli pochi provvedimenti in materia di lavori pubblici, dal sovrano che la visitava! Deve anzi ricordarsi, che persino dalla concessione della linea ferroviaria da Ancona a Bologna, data l’anno innanzi alla società spagnola, Ravenna era rimasta esclusa, e vi fu unita più tardi, per le efficaci insistenze del Pasolini, che nel 1858 ne divenne gonfaloniere.


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Il 17 agosto il Papa imprese il ritorno, muovendo da Bologna per Firenze. Al confine toscano, fu incontrato dai figli del granduca e dal nunzio monsignor Franchi. Partito all’alba, per evitare il gran caldo, giunse nelle ore pomeridiane alla villa Gerini fuori porta San Gallo. Occorreva lungo la strada un punto di fermata, per dare riposo all’augusto viaggiatore, ed era stata scelta all’uopo la villa Capponi. Ma non avendo il marchese Gino consentito a quella ospitalità, fu accettata l’offerta fatta dal Gerini della sua villa «Le Maschere», e che questi ebbe cura di decorare con signorile magnificenza. Non serve dire, che il nome della villa del guelfo patrizio diede allo spirito arguto dei fiorentini argomento ai più mordaci epigrammi. Alle «Maschere» il Papa era atteso dal Granduca e dalla Granduchessa, da tutta la famiglia, e dal conte e contessa di Trapani. Preceduto da un largo e spettacoloso corteo, a capo del quale ca-