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viaggio del papa nelle provincie 269

Strozzi, in Sant’Agnese fuori le mura, nel primo anniversario del memore miracolo, il Papa giunse a Ravenna nel pomeriggio del 23, e vi si fermò sino all’alba del 25. Fece il solenne ingresso da porta Adriana; e la mattina del 24, ricorrendo la gran festa di sant’Apollinare, apostolo dell’Emilia, tenne cappella papale nella metropolitana. Da ogni parte della bassa Romagna era piovuta una moltitudine di campagnoli, che riempivano la città di grida e di applausi. Il municipio aveva preparato accoglienze conformi ai desideri del Pontefice; tre concerti musicali, bandiere e festoni alle finestre, e copiosi piccoli atti di beneficenza, per ravvivare l’esultanza popolare. Era stata restaurata la porta Adriana, i cui lavori, che importarono qualche migliaio di scudi, e dei quali non rimane oggi alcuna traccia, furono eseguiti su disegno di Alfredo Baccarini, ingegnere secondario del municipio, e futuro ministro dei lavori pubblici nei nuovi tempi. Sul piedistallo, che sovrasta la porta, fu collocata una statua colossale di Pio IX, modellata da abili artisti, e in atto di benedire. Le epigrafi ravennati vinsero in ampollosità tutte le altre. Un’iscrizione del municipio sulla darsena, redatta da Pacifico del Frate, maestro di retorica, diceva:

terra sonat plausu laetis micat ignibus aether
litore ab hadriaco suspicit unda pium


E sopra l’arco del sobborgo Adriano si leggeva, a lettere cubitali:

pontifex uno pius minor est deo


E non meno ampollose sono quelle, che si leggono nel duomo, e sul primo caposcala del palazzo arcivescovile, dove alloggiò: la prima ricorda la visita del Papa; e la seconda, l’ospitalità. Nell’ampia anticamera, dove si ammira oggi la maravigliosa sedia di avorio, vi è un busto di Pio IX, che rimonta a quel tempo, come ho verificato io stesso. All’augusto visitatore non mancarono doni e omaggi poetici. Un meccanico gli regalò un orologio elettrico; e le scuole del seminario gli dedicarono un volumetto di versi italiani e latini, dal titolo: A Pio IX in Ravenna, le scuole del seminario. Di una mirabile ingenuità sono alcune ottave di Licinio Farini, e delle quali è pregio dell’opera ricordar questa: