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le strade ferrate 189

Ma le condizioni finanziarie della società si rendevano sempre più difficili; spesso mancavano i fondi; i dissidi fra le imprese costruttrici eran cresciuti di asprezza, onde l’ingegnere capo dell’impresa, certo Lagout, un uomo fegatoso, cui non riusciva andar d’accordo con nessuno, ma non privo di spirito, in un rapporto alla direzione generale, fin dal 9 marzo 1859 scriveva: «le statu quo c’est le calme plat, au milieu de l’Océan de l’incertitude; le calme plat c’est le manque de vivres, et la famine; la famine c’est le dépérissement, jour par jour, des hommes du navire!». E scrisse questo a lettere marcate.

Fra i documenti posseduti dall’ingegnere Ferdinando Gerardi, figlio dell’avvocato Filippo Maria Gerardi, segretario generale della società in Roma, ve ne ha alcuni curiosi, e altri addirittura preziosi, circa il conflitto fra il governo dittatoriale delle Romagne e il signor Lagout. Il conte Ippolito Gamba, ministro dei lavori pubblici di quel governo, perduta ogni pazienza, mise in mora la società, con una lunga lettera in data 29 ottobre, ch’era quasi un atto di accusa, e si chiudeva con queste parole: «Il est inutile de répéter que si d’ici au 15 novembre, la Société n’avait pas cru devoir adhérer pleinement è ces mesures et dispositions, le gouvernement deviendra libre de pourvoir aux circonstances, sans avertissement, aux négociaions ultérieures». Ma la società non ne fece nulla, e con lettera degli 8 dicembre lo stesso Gamba la dichiarò decaduta dalla concessione della linea da Bologna al Po, e la invitava «a procurare, nel più breve tempo possibile, la soluzione degli altri punti controversi, per non costringere il ministero a prendere delle risoluzioni, che potessero riuscire spiacevoli». Inoltre avvertiva che «appianate le difficoltà relative al tronco da Bologna alla Cattolica, il ministero non avrebbe avuto difficoltà a trattare anche con la società delle strade Romane, per una nuova concessione del tronco da Bologna al Po». Trasse da ciò argomento il Lagout per protestare energicamente con lettera del 9 dicembre, in cui dichiarava nulla, e senza effetto, la decisione del governo, perchè pas fondée en équité ni en droit, ed aggiungeva che la società avrebbe adempiuto a tutti i suoi obblighi. Nello stesso tempo ella ricorse all’ambasciatore in Roma, duca di Gramont, e al Walewski, mi-