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E l’altro: — Prego di annunziare la nostra presenza al rappresentante del nostro armatore a Montevideo. Nessuna avaria. Tutti bene.

— Bisogno di nulla?

— Grazie.

— Buon viaggio.

— Buon viaggio.

Quanto ci parve grande, veloce, allegro il Galileo in confronto a quel piccolo legno immobile, con forse dieci o dodici uomini d’equipaggio, condannato a galleggiare come una cosa morta, chi sa per quanto altro tempo, sotto il raggio terribile del sole dell’equatore! Con un sentimento di pietà lo vedemmo a poco a poco rimpiccolire, diventare un punto bianco, e nascondersi dietro l’orizzonte; ma di pietà da egoisti, simile a quella dei viaggiatori che dai vagoni ampi e comodi d’un treno di strada ferrata lanciato a tutta forza, vedon di sfuggita la carrozza barcollante sotto la pioggia, tirata da un cavallo sfinito, per una via fangosa della campagna. E non da altra cosa che da quel confronto nacque una corrente di buon umore che si diffuse da prua a poppa, e durò fino a sera.

Ma quello era il giorno delle novità. A desinare, prima di sedersi, il comandante disse a voce