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cordova. 317


aver dato un'occhiata intorno; "Son todos ardientes como Usted los italianos?"

"Che so io! Son tutte belle come lei le Andaluse?"

La ragazza stese la mano sulla tavola.

"Nasconda quella mano," le dissi.

"Porqué?" domandò essa.

"Perchè voglio mangiare in pace."

"Mangi con una mano sola."

"Ah!"

Mi parve di stringere la manina d'una bimba di sei anni; il coltello cadde in terra; un denso velo si stese sulla costoletta.

A un tratto mi sentii la mano vuota, apersi gli occhi, vidi la ragazza tutta turbata, mi voltai indietro: giusto cielo! c'era un bel pezzo di giovanotto, con la giacchettina attillata, coi calzoni stretti, col piccolo cappello di velluto, oh terrore! un torero! Diedi un guizzo, come se mi fossi sentito piantar nel collo due banderillas de fuego.

— Capisco a volo! — dissi tra me, come quel tale nella commedia Moglie e Buoi; e sfido a non capire! La ragazza, un po' imbarazzata, fece la presentazione: — "Un italiano de paso por Cordoba," e soggiunse in fretta: "che vorrebbe sapere a che ora parte il treno per Siviglia."

Il torero, che al primo vedermi, aveva corrugato la fronte, si rasserenò, mi disse l'ora della partenza, sedette, ed entrò amichevolmente in conversazione. Io gli domandai notizie dell'ultima corrida